Una poltrona per due – A mano disarmata

3e360d298d2070096c9a0945498d8c8e

L’etica senza l’epica

di Antonio Fiore
I giornalisti italiani sotto scorta perché minacciati dalle organizzazioni criminali sono (in attesa che Salvini riveda i criteri di assegnazione: lui crede che la scorta sia uno status symbol come il Rolex, non una triste necessità) diciannove. Tra questi Federica Angeli di Repubblica, che con i suoi articoli (e le sue testimonianze) ha contribuito in maniera decisiva alla condanna del clan Spada (Costa nel film) che da decenni spadroneggiava su Ostia. Un caso di “eroismo” quotidiano, perché la Angeli a Ostia ci viveva (e ci vive), dunque lei e i familiari erano (e restano) esposti a continui rischi: A mano disarmata rientra così a pieno titolo nel benemerito filone “cinema civile” che ha dato negli anni esempi di pregio anche nella sottosezione “giornalisti impavidi”, vedi Fortapàsc di Risi su Giancarlo Siani o I cento passi di Giordana su Pepoino Impastato. Qui la firma è di Claudio Bonivento, regista ma soprattutto tra i più intelligenti produttori nostrani, senza di lui non ci sarebbero stati Mery per sempre o La scorta: un uomo che del mestiere conosce ogni grandezza e ogni insidia. Proprio per questo stupisce che nel portare sullo schermo l’autobiografia della Angeli abbia scelto la modalità fiction Rai1 prima serata: edificanti quadretti di vita coniugale, parenti prima preoccupati poi incazzati (“Ma chi te lo fa fare?”), amiche del cuore dalla doppia identità, il coraggio di “Fede” (Gerini assai credibile nella sequenza in cui viene colta da crisi di panico quando scopre che cosa significhi vivere sotto scorta) e il redattore capo dalle cravatte inguardabili che per proteggerla vuole toglierle l’inchiesta. D’accordo, non sono più i tempi in cui il vecchio Humphrey poteva permettersi il lusso di gridare nella cornetta mentre rombano le rotative “E’ la stampa, bellezza!” (anche perché oggi dall’altro capo del telefono potrebbe arrivare una pernacchia): però se all’etica togli l’epica finisce il cinema, e comincia la televisione.

Una regia a mano disarmata

di Marco Demarco
La rappresentazione del reale. Un problema che si complica quando il reale è anche contemporaneo. Se ne discute molto a proposito di certi sceneggiati televisivi, ma in passato se n’è già parlato, e tanto, a proposito della pittura: prima, escludendo che il reale potesse finire su una tela; poi, superato il problema del “se”, affrontando quello del “come”: col formalismo o con l’astrattismo? Salvando la figura, alla Guttuso, o dandoci dentro con la sperimentazione, alla Turcato? La questione si ripropone col cinema ora che dal neorealismo siamo ai biopic. Ed eccoci, infatti, a evocarla a proposito di “A mano disarmata”, il film tratto dal libro di Federica Angeli. Non c’è alcun dubbio: come sceneggiato di Rai Uno sarebbe stato perfetto. Come film visto al cinema, invece, qualche interrogativo lo pone, e la lunga premessa di questo articolo ne è la più evidente conferma. Come si rappresenta il reale? E come, nel caso specifico, quello di Ostia, trasfigurata dalla criminalità organizzata? “A mano disarmata” ci prova, ed è un merito, evitando trucchi e cliché. Per intenderci, niente sangue a fiumi, niente scene furbescamente a tinte livide (così non si vede e non si capisce niente), non un omicidio, e neanche una sparatoria. L’unica scena violenta è quella della ormai famosa testata al giornalista. Era ora, se è vero che il male il più delle volte si presenta senza dare spettacolo. Risulta così coerente e non bizzarra, la scelta di ricorrere ad attori, Gerini in testa, provenienti dalla nuova commedia italiana. Poi però, per arrivare al dunque, la sceneggiatura ricorre alla voce fuori campo e a dialoghi eccessivamente esplicativi. Come a dire, alzando bandiera bianca, che il reale è incontenibile, e che la mera imitazione dell’esistente non basta. Questo è di sicuro il lato debole della narrazione. Il risultato finale è nella sensibilità dello spettatore. La storia è quella che è: una storia di ottimo giornalismo e, visto che Federica Angeli vive ancora a Ostia, di straordinario coraggio. Chi la valuta in sé non può che apprezzare il film per averla raccontata.

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *