Totò, Giggino e la Fontana di Trevi

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Nel cinquantesimo anniversario della morte di Totò, il sindaco di Napoli ha reso deferente quanto originale omaggio alla figura del sommo attore partenopeo con una geniale trovata in tutto degna del Principe della Risata: dichiarando Palazzo Fuga – bene notoriamente incedibile, protetto com’è dall’Unesco e vincolatissimo dalla Soprintendenza – cedibile nell’ambito delle dismissioni immobiliari previste nel bilancio del Comune, de Magistris ha con tutta evidenza voluto citare una delle sequenze più celebri della filmografia totòiana, ovvero la famosa vendita della Fontana di Trevi ad opera di Antonio Peluffo ai danni del malcapitato e credulone Decio Cavallo in Totòtruffa ’62.

La scena la ricordiamo tutti, senza neppure bisogno di cliccare su YouTube: Totò si avvicina all’ingenuo italo-americano intento a fotografare il monumento, presentandosi come il legittimo titolare del capolavoro (“Permette? Cavalier Ufficiale Antonio Trevi”)  per proporgli l’affare (“Di’ un po’, paesa’, è un buon bisiniss?”. “Ottimo! I soldi nella fontana ce li buttano tutti, e poi ogni tanto l’affitto alle case cinematografiche”) e rifilargli il clamoroso pacco con la complicità del sopraggiunto e sedicente ragionier Girolamo Scamorza (Nino Taranto), emissario di una misteriosa società americana, che contribuirà a far lievitare la caparra fino all’astronomica cifra di cinquecentomila lire. Segue rapida eclissi dei due truffatori e arrivo dell’ambulanza che condurrà in manicomio il povero Decio Cavallo intento a esigere dai turisti – presentandosi come il nuovo proprietario della fontana – il compenso per le foto da loro scattate…

L’Albergo dei Poveri come la Fontana di Trevi, de Magistris come Totò. Complimenti dunque a Luigi de Magistris in arte Antonio Peluffo per aver escogitato questa spassosa scenetta, e ora attendiamo con ansia di conoscere chi, nella postmoderna rivisitazione di uno dei classici della comicità, vestirà i panni di Decio Cavallo, indossati sullo schermo dal grande Ugo D’Alessio: ci vorrà un interprete all’altezza di quella gloriosa spalla. L’amministratore delegato di una grande azienda del Nord? Il manager di una colosso del fast food? Il titolare di una catena di multisale? Magari Bill Gates in persona? E al posto di Nino Taranto-Girolamo Scamorza, per far crescere esponenzialmente l’offerta, ci sarà il fratello del primo cittadino o basterà qualche assessore travestito da azzeccagarbugli pseudo-toscano (“Me vo’ ingrullito, ‘apito, me vo’ ingrullito”)? Se poi il bisiniss dovesse sfumare e le cose dovessero mettersi male, de Magistris potrebbe sempre segnalare il caso all’apposito sportello on line e denunciare il mancato acquirente per comportamento diffamatorio verso la patria partenopea. Oppure potrebbe, alle brutte, uscire trionfalmente di scena travestito da ambasciatore del Catonga, o fuggire da Palazzo Fuga salutando a pugno chiuso, come Totò-Fidel in quell’esilarante film. GiggìTruffa ’17.

P.S. Credo che con questo articolo sarò il primo a essere denunciato presso l’istituendo sportello anti-diffamazione.

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