Brambilla sindaco a Napoli
(e Gennaro Esposito a Milano)

E ora, per par condicio, vogliamo Gennaro Esposito candidato sindaco di Milano.
Il fatto è che, al termine delle defatiganti operazioni di voto telematico che vanno sotto l’astruso nome di comunarie, il Movimento 5 Stelle partenopeo ha designato finalmente con trasparenza cristallina il suo candidato a Palazzo San Giacomo. Trattasi di un valente ingegnere meccanico residente a Napoli ma dalle solide radici lombarde, come testimoniano il cognome e il curriculum: ing. Brambilla, nato a Monza 47 anni fa e laureato al Politecnico di Milano.
Si fosse chiamato Ambrogio, sarebbe stato perfetto anche per Palazzo Marino. Invece si chiama Matteo come Renzi e come Salvini, ma è ovviamente il cognome quello che fa sognare i napoletani: per i quali Brambilla è da sempre sinonimo di quintessenziale meneghinità fatta di cotoletta, di nebbia, di cumenda, di Milan l’è un gran Milan, di O mia bela Madunina. E (a parte la fugace e rossocrinita ministra berlusconian-animalista) gli unici Brambilla che noi terroni fino a qui abbiamo frequentato, almeno musicalmente parlando, sono i membri della famosa famiglia immortalata in una allegra canzoncina (diventata poi anche un film) nei primi Anni ’40: “La mammà col papà / la nanà col gagà / sulla vecchia Balilla s’avanza / la famiglia Brambilla in vacanza…”. Il Brambilla Matteo non discende certo da quel nucleo borghese tutto Eiar e ingenue pretese di superiorità sociale: è invece un serio professionista impegnato a favore dell’ambiente (si è fatto le ossa lottando contro la discarica di Chiaiano) e che, avendo sposato una napoletana, vive a Napoli dal 2006. In questi anni si deve essere profondamente inserito nella realtà partenopea-pentastellata, visto che si è aggiudicato la vittoria piuttosto agevolmente: 276 voti (un’enormità per lo stile smilzo delle consultazioni grilline on line) che gli hanno consentito di tenere a debita distanza le altre due finaliste, entrambe dai cognomi di bella sonorità nostrana come Menna e Verusio. Eppure Brambilla qualche dubbio sulla possibile presa del suo cognome “esotico” sulla realtà partenopea deve averlo, visto che – sin dal video pre-elettorale – si è affrettato a mettersi sotto la protezione del massimo esponente della napoletanità: “Perché ho deciso di prendere parte al progetto Napoli?” – ha dichiarato – “Perché, come diceva Totò, ogni limite ha una pazienza; e la pazienza nel vedere la città depredata e saccheggiata dai suoi amministratori mi ha fatto arrivare al mio limite. Che spero sia anche il vostro”. Bel colpo, Brambila (loro le consonanti le dimezzano, noi invece le raddoppiamo) anche se Totò dei milanesi non si è mai fidato troppo, come dimostrano le sue insistenti e angosciate domande rivolte a Mezzacapa (detto appunto “il milanese” per aver fatto lì il militare nel ’31) sulla natura di quei nordici compatrioti: “Camminano, camminano… come noi?”. Ma poi noi, partenopei moderni e cittadini del mondo, ci scrolliamo subito di dosso il rischio dell’odioso pregiudizio (non poco aggravato dal fatto che il Brambilla Matteo, oltre a essere brianzolo, tifa pure Juventus): e ricordiamo a tutti che Napoli, di sindaci Milanesi, ne ha già avuto uno. Si chiamava Bruno (Milanesi era il cognome). Non fece molti più guai degli altri sindaci.

(dal Corriere del Mezzogiorno del 16 marzo 2016)

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