Maccheronia riparte da Sirignano
(e dalla “Taberna del Principe”)

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Trionfale ritorno della tradizione maccheronica domenica scorsa in Irpinia: organizzato da Pasquale Castaldo con la benedizione e la partecipazione di Grouchofiore, un folto drappello di soci e simpatizzanti si è dato convegno ad Avella, dove sotto la guida appassionata e competente di Francesca Grassi si è andati alla scoperta dei tesori (spesso sconosciuti, talvolta ingiustamente trascurati) delle chiese di San Giovanni e San Pietro, del convento dell’Annunziata, del Palazzo ducale, dell’anfiteatro e delle tombe romane.
Saziate le esigenze culturali, ci si è poi dedicati a soddisfare quelle enogastronomiche con un pranzo presso la “Taberna del Principe” di Sirignano, locale già insignito dei “4 fiori” maccheronici (che confermo di corsa, con tendenza al rialzo). Qui lo chef e patron Giovanni Arvonio ha proposto un menu indimenticabile per armoniosa e creativa territorialità: affidati alle cure di Sabatino Arvonio (fratello dello chef) e del sommelier Elia Casale, sulla tavolata maccheronica (dopo i pani fatti in casa e i deliziosi amuse-bouche consistenti in chips di riso con confettura di pastenaca e zenzero e polvere di caffè, e tartellette con crema di papaccelle all’aceto, cipolla rossa fermentata e polvere di rapa rossa) sono giunti gli asparagi selvatici su crema morbida di mozzarella, sensazionale “terra” speziata, aria di lemongrass e bottarga (sì, nella storia di Arvonio c’è anche la Sardegna), seguiti dai fagottini ripieni di mousse di vitello e arricchiti da due ingredienti cari a Grouchofiore: il peperone crusco (in salsa) e l’aglio (in spuma). Nei calici, i Lacryma Christi di Michele Romano in giusta progressione: prima il bianco, quindi il rosato. Ma sul secondo di carne è d’obbligo far ruotare nel calice un rosso (sempre Lacryma, sempre Romano) di rara eleganza che si abbinava alla perfezione al succulento brasato servito con topinambur affumicato (tubero noto anche col nome di carciofo di Gerusalemme), carciofo, cipolline borretane (e, per i non carnivori, seppie e piselli in varie preparazioni, anche polvere di baccello).
Il viaggio in una cucina fatta tanto di cuore quanto di intelletto si concludeva con i pre-dessert (cioccolato morbido e camomilla, semifreddo all’avena e confettura di frutti rossi) e con il dessert alle nocciole (irpine, of course) con cioccolato bianco, lavanda, meringa…
Conquistati da tanta bellezza e bontà, i Maccheronici si ripromettevano di realizzare a breve nuove gesta gastro-culturali, di cui riceverete presto notizie anche su questo blog. E infine posavano per l’immancabile foto-ricordo in compagnia degli splendidi anfitrioni e degli altri componenti dello staff (Giuseppe Montuori e Michele Giuliano). L’avventura di Maccheronia continua.

(Le foto che accompagnano questo articolo sono di Gloria González. A breve un nuovo servizio fotografico nella Sezione Gallery).

Pubblicato in Cibo

Una risposta

  1. Un evento organizzato dai maccheronici con l’augusta presenza dell’Imperatore Massimo non poteva essere diversamente dai memorabili “panze e cervella” dei tempi d’oro,per cui ripetere spesso incontri di “capefresche” è l’unico antidoto ai tempi di oggi:vuoti, tristi, omologati ………insipidi.
    Ma la maestria,l’abilità,lafantasia e l’estrosa creatività dello chef accoppiata agli ingredienti genuini e territoriali hanno dato modo alla nostra “panza” di equilibrare quello che il cervello aveva gia’ ricevuto.Fra le molte eccellenze gustate va ricordato ed esaltato il dessert che io chiamerei “la nocciola di Avella e le sue consistenze” ….fantastico e sublime.

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