Demi-glace e biodiversità
“Al Paese” di Nocera Inferiore

imageSquadra che vince si può anche cambiare, a patto che il nuovo entrato non faccia rimpiangere il talento del predecessore. Accade così “Al Paese”, osteria contadina di Nocera Inferiore: dove al posto dello chef Rocco De Santis, “migrato” con successo al Vistamare sul Circeo, è subentrato il 35enne Lorenzo Montoro da Sarno. Altro stile, altro menu ma stessa fedeltà al territorio declinata secondo una tecnica maturata alla scuola di Pino Lavarra (ex Palazzo Sasso, ora al Ritz-Carlton di Hong Kong) e prima ancora nelle cucine di Pinchiorri: nel suo agnello Laticauda ritrovo l’incanto di una demi-glace che inseguivo dai tempi del mio ultimo pellegrinaggio al santuario franco-fiorentino di Annie Feolde. Ma procediamo con ordine, non senza prima aver sottolineato che gli chef possono pure cambiare, ma certi maître no: a centro sala domina dunque sornione Domenico Sarno (coadiuvato dal patron, Luca Ingenito) la cui facondia è pari solo alla competenza. Sotto la sua regia il pranzo può cominciare con il pane (almeno quattro varietà) e l’olio (cultivar Rotodella e Nostrale), più un amuse-bouche non banale, spuma di acqua di San Marzano, crumble di pane e olio extravergine; mentre consultando l’agile, pulito e rosso menu (5 antipasti, 6 paste, 5 secondi, 4 dolci, molti nuovi di zecca) ci accingiamo a fare da cavie volontarie.

Il polpo (di grossa pezzatura ma tonico il giusto) sta su crema di sedano e batuffoli di patate, e “Terra mia” non è una canzone di Pino Daniele ma una parmigiana di melanzane “terrosa”, un quadrato di solanacea essiccata, come un campo coltivato da cui spuntano qua e là foglioline di basilico rosso e di cerfoglio (viene tutto dalla masseria di famiglia dello chef, paradiso nascosto della biodiversità: andate su www.montoroerbe.it e rimarrete a bocca aperta): un’inedita parmigiana “al cucchiaio” frutto di pazienza e fantasia (mi ha ricordato “il bosco nel piatto” del compianto Frank Rizzuti), superata solo dalla straordinaria complessità e inventiva del baccalà (lusitano-sommese) al coltello, tavolozza d’autore dove il San Marzano allo zenzero, la burrata (caseificio Aurora di Paolo Amato, Sant’Egidio Monte Albino) e la cenere di olive nere sfidano le leggi della coesistenza per attingere un livello superiore di armonia. Si beve in prevalenza campano, 200 etichette con picchi di eccellenza salernitani e nazionali: noi partiamo subito alti (siamo a 14°) con il Riccio bianco di Alepa, Pallagrello di Paola Riccio convincente anche nella versione ’12. Giusto il tempo di dare un’occhiata agli interni di questa osteria-di-paese-ma-non-troppo (tre piccole sale più dehors quando il sole non picchia duro, belle foto di fatica contadina alle pareti, su una mensola lo spettacolare “pane di Pasqua” che dura fino a Natale, accanto al camino attrezzi da lavoro in installazione post-moderna, tavoli di ferro rugginoso a ricordarci che qui prima c’era l’officina di un carrozziere; e in cantina piacevole e raccolto spazio-degustazione) ed eccoci pronti per i primi piatti: festa per gli occhi e per il palato, si va dal rosso fuoco dei paccheri (Vicidomini) con “jammarielli” (sì, alle sorgenti del Sarno ci sono ancora i gamberi) al verde tenero dello spaghettone con peperoncini di fiume, cipollotto (un altro vanto dell’Agro) e tonno, al verde intenso della scarolella su cui campeggiano i conchiglioni ripieni di ragù di Laticauda; ma nulla eguaglia la brunita bontà del fagottino (fatto a mano dallo chef) ripieno di Genovese su crema di ricotta e tartufo estivo (San Miniato, lo stesso di Pinchiorri). I commensali che hanno scelto come secondo il mare (calamaretti scottati con insalata di peperoni e olive nere, altro accostamento rischioso ma pienamente riuscito) proseguono col bianco caiazzano di Paola Riccio: viva le donne (del vino), perché i carnivori fanno stappare un signor, anzi una signora Aglianico, la salernitana Turandea ’09 di Tiziana Marino, tabacco, sandalo e pepe in seducente sodalizio. Nei bei cristalli tedeschi Leonardo che hanno sostituito i Riedel, la dea etrusca dell’amore (Turan, appunto) corteggia e infine conquista il Laticauda con patate e cipollotto, diventando una cosa sola con il succulento fondo bruno di cui ho cantato in precedenza le lodi. Un predessert (spuma di mascarpone con albicocche sciroppate) e tre dessert (raccomando “anice e caffè”) per chiudere in bellezza e dolcezza; tra l’uno e gli altri, come la volta scorsa, un calice di Pedro Ximénez Hidalgo. Sherry che vince non si cambia.

IL PERCORSO
L’osteria contadina “Al Paese” si trova in via Papa Giovanni XXIII a Nocera Inferiore (Salerno). Per chi proviene da Napoli: percorrere la A3, uscire a Nocera Inferiore, girare a destra in via Pepe, a sinistra su via Barbarulo, continuare su via Garibaldi, girare a sinistra in via Fava e ancora a sinistra in via Giovanni XXIII

LA SCHEDA
Ci siamo seduti il 14 giugno 2015
Via Papa Giovanni XXIII, 11 – Nocera Inferiore (Salerno)
Telefono: 081 5176722
mail: osterialpaese@libero.it
CHIUSURA: domenica sera e lunedì. Dal martedì al sabato aperto solo a cena.
CARTE DI CREDITO: tutte tranne AEx
PREZZO MEDIO: euro 44 (vini esclusi), menu “al paese” Euro 30 (tre portate), menu “il volo” Euro 50 (cinque portate)

Menu                    4 fiori e mezzo
Vini                      4 fiori
Servizio               4 fiori e mezzo
Qualità/Prezzo    4 fiori e mezzo
Hotellerie            4 fiori
Ambiente            4 fiori
Cordialità            5 fiori
Climatizzazione   3 fiori
Toilettes               3 fiori
Parcheggio           2 fiori

Pubblicato in Cibo

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